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VERSO ELETTRA

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Com’è bella questa nostra madre, Oreste, ha le ciglia che sembrano due fili d’oro, ha le labbra bianche, e sembra che voglia piangere, ma ora non piangerà più...(I sogni di Clitennestra | D. Maraini)

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Ideazione e regia Silvia Battaglio

Scrittura di scena liberamente ispirata a Elettra o la caduta delle maschere (Marguerite Yourcenar)

Con Maria D’Eredità, Silvia Battaglio, Davide Bernardi

Suggestioni letterarie Hugo Von Hofmannsthal, Dacia Maraini

Suggestioni musicali Tourgue&Houppin, Roni Size, Gianluca Misiti

Scene e disegno luci Lucio Diana

Produzione Tangram Teatro in collaborazione con Biancateatro

Con il contributo di Città di Torino, Sistema Teatro Torino, Regione Piemonte

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La sua è parola danzata, azione detta e tratteggiata in quadri vivi, installazioni semoventi composte da giganti e pulsanti marionette. Verso Elettra è l’ulteriore tassello di un percorso di ricerca che ha avvicinato Battaglio alle icone della femminilità, analizzate attraverso chiavi di lettura originali. Dopo Ofelia e Maria di Nazaret, protagonista di questa pièce è l’eroina del mito greco, una figura dolente che incarna al contempo la fragilità e l’importanza del sistema famiglia. Ha grinta e grazia l’autrice ed interprete nell’esprimere con il corpo le perplessità, i dubbi di Elettra, orfana, assassina, figlia, sorella, complice, colpevole, innocente. (…) Nei desideri di Elettra, Clitemnestra sorridente cullerebbe una bambola, Ifigenia, che indossa un tutù, terrebbe in mano le scarpine, indicando così l’ingenua titubanza della fanciulla, Agamennone porterebbe la giacca con un’espressione severa e dignitosa. Vani sono gli sforzi di Elettra. Le sue marionette umane si afflosciano mestamente. E’ il sogno di normalità che svanisce. Nell’evo antico come oggi. Infatti Elettra comunica con il linguaggio della contemporaneità. (Maura Sesia | SISTEMA TEATRO TORINO)

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Silvia Battaglio ha talento. Questa giovane danz-attrice ha costruito negli anni un percorso teatrale di forte motivazione interiore. Se occorresse una prova, ecco fino a domani alla Cavallerizza Verso Elettra, uno spettacolo di cui, come al solito, ha assunto la totale responsabilità. Operazione complessa che potrebbe precipitare nell’astrazione intellettualistica se la Battaglio non usasse una vigilanza ferrea su una materia così liquida, a tratti così impalpabile. Le dà consistenza recitando il suo dramma con sofferente intensità, ma soprattutto con una gestualità che potremmo collocare tra il NÖ giapponese e il Tanztheater di Pina Bausch. Lì, nel gesto c’è tutta la nevrosi di un’eroina che ha perduto i punti fermi della vita e spasima nella ricerca del punto in cui può collocare la propria persona, i propri rimorsi, la propria inconsistenza di donna. (Osvaldo Guerrieri | LA STAMPA)

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Da sempre potere, passione e crudeltà compongono il filo rosso che collega il mito al contemporaneo, così nello spettacolo VERSO ELETTRA la famiglia diventa elemento centrale, luogo, microcosmo e metafora della guerra e della violenza dei giorni nostri, talvolta dirompente, talvolta subdola e sotterranea. La storia ci racconta come Elettra, per vendicare l’assassinio del padre Agamennone per mano della madre Clitennestra, finisca per diventare improvvisamente lei stessa un’assassina, una figlia in lutto, feroce e sola, vittima e carnefice allo stesso tempo, innocente e colpevole. Lo spettacolo, partendo da una dimensione surreale che vede Elettra vagare tra i fantasmi di una casa ormai vuota, racconta il meccanismo sottile con cui Elettra cerca in tutti i modi di ricostruire il suo ordine familiare, di rimettere in piedi la famiglia perduta nel tentativo di riconquistare un equilibrio interno ed esterno. Elettra si addentra nell’intervallo di tempo che risiede tra il prima e il dopo, tra l’innocenza e la colpevolezza, cerca di rallentare il tempo, di dilatarlo quasi come se volesse dominarlo. Elettra è una donna sola, in lutto, in abito di pizzo nero, con appeso al collo il ricordo del fratello buono, Oreste, di lui non rimane che un piccolo Pierrot, unico confessore e che indossa come fosse il peso della sua stessa coscienza. Elettra percorre i suoi sentimenti più profondi reiterandone le azioni, dentro un’idea di famiglia che ha amato ma anche odiato e che ora vorrebbe ricostruire a tutti i costi. Elettra cerca di dare vita alle anime fisiche di Clitennestra, Ifigenia e Agammennone nel tentativo di espiare la sua stessa colpa, di ritrovare il senso della famiglia e, proprio in nome di quella famiglia che ha visto sgretolarsi sotto i suoi occhi e per cui lei stessa è diventata un’assassina, rinuncia definitivamente alla sua libertà. Ma nel nero della sua anima resiste Oreste, il fratello amato, forse la parte migliore di Elettra, la sua anima sfumata e fragile, la metà luminosa del suo cuore scuro. Oreste è una speranza, è una parola che risuona salvifica verso la quale Elettra tende la mano senza però trovare il coraggio di seguirla, ed è tra i fantasmi di una famiglia mancata che Elettra ripone il suo presente di figlia e donna, mentre da una finestra guarda Oreste correre verso la vita, dedicandogli la sua ultima parola d’amore.
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SCHEDA ARTISTICA

SCHEDA TECNICA

RASSEGNA STAMPA

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