SILVIABATTAGLIO
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IL CANTO DELLA DONNA PESCE​
(NUOVA CREAZIONE 2026/2027)
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Desidero delle gambe umane come certi uomini, si dice, abbiano desiderato le ali....
(LA PETITE SIRENE | Marguerite Yourcenar)
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Ideazione, regia e interpretazione
Silvia Battaglio
Scrittura di scena liberamente ispirata a
La petite Sirene (Marguerite Yourcenar)
Suggestioni letterarie
Fuochi e Memorie di Adriano (Marguerite Yourcenar)
Pelle (Laura Pugno)
Suggestioni musicali
Paolo Angeli, Giuseppe Verdi, Lou Reed, Alva Noto
Produzione, coproduzioni e collaborazioni
In via di definizione
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La protagonista sembra innalzarsi dalla terra verso l’elemento aereo, dato che dalla nave nuziale la donna, nel finale, si abbandona a un ‘volo metafisico’ su invito di quelle creature misteriose chiamate da Yourcenar ‘Uccelli-Angeli’. La Sirena è dunque un essere per metà donna e per metà alato (…) sembra dunque farci leggere, in filigrana al dramma della Sirenetta, la vicenda di Icaro. (Una voce dall'esilio | Davide Vago)
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La nuova creazione rientra in un trittico, iniziato con LA SPOSA BLU e proseguito con DALL’ALTRA PARTE, dedicato all’esplorazione del linguaggio transdisciplinare volto in particolar modo alla commistione tra teatro, danza e teatro di figura. L’idea che qui fa da innesco per il lavoro di composizione scenica nasce dal desiderio di dare forma, voce e corpo alla figura della Sirena, ispirandosi in particolar modo all’opera teatrale La petite Sirene di Marguerite Yourcenar, che prendendo le mosse dalla fiaba di Andersen se ne distanzia, riscrivendo il racconto originale, per calarlo magnificamente dentro lo scenario contemporaneo di un mondo del tutto vicino a noi.
Come narra la fiaba e come riscritto nell’opera di Marguerite Yourcenar, la Petite Sirene - sospinta dal desiderio e dal fuoco della passione - accetta di esser privata della sua voce dalla strega del mare che le taglia la lingua e trasforma la sua coda di pesce in gambe umane, affinché lei possa raggiungere sulla terra l’uomo di cui si è perdutamente innamorata. Ma se è vero che la voce è il ‘luogo’ dell’identità, senza di essa – che la rende unica e potente – la Sirena non può vivere davvero, non può esistere davvero e così, il suo passaggio sulla terra non potrà che rappresentare l’esperienza di un viaggio di trasformazione che la riporterà nuovamente al suo mare. Ed è in questo scenario che si disvela la storia di una Sirenetta umanissima che, accesa dal fuoco dell’amore, vola oltre i confini del possibile come un Icaro dalle ali dorate, scardinando le leggi del mare, rinunciando arditamente alla sua natura animale, per ritrovarsi a camminare come un equilibrista in un ‘mondo nuovo’ fatto di terrena grevità.
La Sirenetta, mezza pesce e mezza donna, mezza animale e mezza umana, incarna l’ibridazione in tutti i suoi aspetti, è archetipo che da sempre abita nell’immaginario collettivo, nell’universo del fantastico, che la vede da sempre creatura predestinata alla metamorfosi: da angelo a ragazza-uccello, da ragazza-uccello a donna-pesce, da donna pesce a essere umano, da essere umano a schiuma di mare. E lungo il corso delle sue innumerevoli trasformazioni, il fuoco del terreno cammina con lei, abita dentro di lei, perché l’amore ha incendiato il suo cuore e la sospinge a guardare il mondo da una prospettiva nuova, in cui il desiderio di amare supera ogni frontiera, ogni limite, ogni appartenenza. Il racconto della Sirena si delinea a tuti gli effetti come un volo di iniziazione, in cui si condensa la giovane tensione al sogno, l’inarrestabile aspirazione al desiderio, il bisogno di conoscere se stessi, sfidando limiti e confini. Nel suo farsi umana e mortale, la Sirena dispiega metaforicamente le sue ali, e si proietta verso la terra con la leggerezza di un gabbiano.
La Petite Sirene di Marguerite Yourcenar è un sogno oceanico, un’opera teatrale dal forte taglio musicale, che intreccia al movimento emozionale del racconto un flusso di parole in cui si può sentire il canto dei gabbiani, il fluttuare delle onde, il sibilo del vento. E dentro questo sogno oceanico, il personaggio della Sirena emerge, come un personaggio lirico, aereo, seppur mosso dal fuoco di una passione del tutto terrena, che la catapulterà inevitabilmente in un mondo umano abitato da personaggi grotteschi e convenzionali, ben lontani dal mondo marino dal quale la piccola Sirena proviene. Il fuoco della passione è all’origine di tutto: fin dall’inizio, la Sirena ama, e tale amore la proietta in un altrove, nell’esperienza del terreno, dove si ritroverà straniera, senza più voce e identità, fino a scegliere di trasformarsi nuovamente mutando forma e sostanza, per diventare impalpabile schiuma di mare, destinata all’immortalità. L’opera teatrale di Marguerite Yourcenar eÌ€ dunque una poetica e fantasiosa riscrittura del personaggio della Sirenetta, che qui si fa più che mai tramite della parola amore e nella cui avventura terrena si possono scorgere echi omerici intrecciati al barocco elisabettiano e al canto dei gabbiani: sullo sfondo, l'umanità confusa, miserabile, vacua, attraversata da questa Sirenetta, creatura ibrida e migrante, la cui ascesa terrena ci riguarda tutti.
Il lavoro scenico si concentra sulla realizzazione di uno spettacolo musicale - sonoro, vocale e corporeo - il cui racconto possa veicolare l’idea che il principio fondamentale dell’esistenza e di ogni cosa umana sia il mutamento. Ed è all’interno di questa idea che sottende la creazione, che il personaggio della Sirena diventa archetipo perfetto - fantastico e reale, animale e umano, immortale e mortale - per rappresentare l’idea della perenne trasformazione della nostra esistenza, terrena e spirituale allo stesso tempo. La donna-pesce ha da sempre abitato l’immaginario letterario e cinematografico fino alla nostra contemporaneità, da sempre il corpo della sirena rappresenta un corpo in metamorfosi, un corpo ‘differente’, che a volte si teme e a volte si ama, ma che in un modo o nell’altro si è sempre cercato di intrappolare all’interno di una ‘casa di bambola’ o di recludere, come fenomeno da baraccone, nell’aquario claustrofobico di un circo o di un bordello. Ma qui la Sirena desidera amare, sperimentare, volare e - compiendo un viaggio ascensionale che ha origine nell’acqua - attraversa la terra e si volatizza poi nell’aria, diventando schiuma di mare.
Ed è in questo continuo mutamento, che si manifesta e si plasma l’identità non conforme, non ascrivibile ad alcun genere, di questa donna-pesce, la quale - spinta dal fuoco del desiderio - è disposta a lasciare il suo ambiente naturale, il mare, pur di avvicinarsi alla specie umana, di amare, di sentire come sentono gli umani, di osservare il mondo da un’altra prospettiva, quella della terra. Nella costruzione del lavoro, la voce assume un ruolo fondamentale, diventando luogo corporeo dell’anima, secondo l’idea che essa non sia soltanto ‘soffio' ma vera e propria estensione della materialità del corpo, capace di viaggiare oltre i confini della carne, del finito, capace di risuonare in un altrove, di diventare ‘corpo tra i corpi’ ponendosi in relazione con le altre voci, con il mondo stesso. Dunque mediante la codificazione di una drammaturgia fisica e vocale, il tema della metamorfosi - e quindi dell’identità - rappresenta qui il luogo attraverso il quale veicolare l’idea di un viaggio interiore che conduce la donna-pesce a vivere tutti gli stadi dell’esistenza umana, nel suo traghettarsi verso l’amore, e ancora oltre, verso l’immortalità dell’anima.​​​​​​​​​​​​​​​​