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OFELIA ​

E allora io vado all’acqua, che da sola mi calma, a lei vado come al fondo di me, alla radice, al letto, alla mia mamma acqua vado, a lei vado… (Fuoco centrale e altre poesie per il teatro | M. Gualtieri)

 

Ideazione, regia e interpretazione Silvia Battaglio

Scrittura di scena liberamente ispirata a Amelto (W. Shakespeare)

Suggestioni letterarie Pier Paolo Pasolini, Mariangela Gualtieri, Albert Camus

Suggestioni musicali Quintorigo, Maria Pia De Vita, Opus Avantra, Peter Gabriel

Scene e disegno luci Lucio Diana

Costumi Daniela Gramaglia

Produzione Tangram Teatro in collaborazione con Biancateatro

Con il contributo di Città di Torino, Sistema Teatro Torino, Regione Piemonte

 

E’ un’ Ofelia multiforme quella cui Silvia Battaglio offre voce e corpo. Ed ecco la parola farsi immagine per riempire lo spazio in sequenze coreografiche di grande impatto: una parabola narrativa che raggiunge la sua climax nell’atto estremo, in quella canzone del salice che rappresenta per Ofelia la catarsi di un’intera esistenza. Silvia Battaglio, giovane attrice torinese di formazione emiliana, costruisce un’ora di intenso teatro dove ad impressionare è la padronanza del materiale drammaturgico ed emotivo: un’Ofelia pronta a vestire i panni di Amleto, ad evocare Polonio o la regina Gertrude, sempre con estrema naturalezza e apparente facilità, salvo poi abbandonarsi a un delirio finale che sembra voler, in maniera del tutto provocatoria, interrogare ed interrogarsi sul dramma eterno della follia umana. (Roberto Canavesi | PRIMAFILA)

 

Silvia Battaglio, giovane autrice e interprete di questo concentrato e intenso spettacolo, offre la propria voce e il proprio corpo alla triste Ofelia, trasformandosi in specchio dei desideri, della resistenza a quell'arte del compromesso indispensabile a corte, che condurranno la giovane alla morte. Con una tunica candida, un pesante cappotto scuro e qualche fragile fiore quali unici oggetti di scena, l'attrice traduce in movimenti studiati e variati accenti, incertezze e trasalimenti di Ofelia, oggettivandone la follia in una danza che appare allo stesso tempo disperata e liberatoria. (Laura Bevione | HYSTRIO)

 

In scena Silvia Battaglio, che firma anche il progetto dello spettacolo: quasi un’incursione epidermica nella dimensione parallela di Amleto, quasi un viaggio attraverso la parola che si fa musica e movimento per trovare l’impalpabilità propria di Ofelia, il non detto, i pensieri. Silvia Battaglio offre una prova di grande misura e concentrazione: un’interpretazione spesso seducente per un nitore che sa essere saldo nel solco potenzialmente insidioso della propria lettura. Vivissimi applausi. (Alfonso Cipolla | LA REPUBBLICA)

 

Ofelia dondola l’altalena del dolore e del sorriso appesi a una corda. In lei si riconoscono donne di diversa età, adolescenti e mature: sfregiate da un identico graffio nell’anima, vicine per il modo di patire le conseguenze di un amore. Sarà per questo che la platea del Gobetti applaude a lungo, unanime, Ofelia, lo spettacolo proposto da Silvia Battaglio, in cartellone, sino ad oggi, per la stagione dello Stabile. (…) Ha la grazia di un’operina pop, a tratti, la solennità dei classici. La coinvolgente Battaglio, sola inscena,offre una prova che appassiona il pubblico, affrontando con potenza e sensibilità, misura e adesione la “sua” Ofelia con un’interpretazione modulata e una gestualità che richiama alla danza. (Silvia Francia | LA STAMPA)

OFELIA è stato presentato in forma di studio nel 2015 per poi debuttare in prima nazionale nel 2006 all’interno della stagione del TEATRO STABILE TORINO. Lo spettacolo affonda le sue radici nell’opera shakespeariana, aprendo lo sguardo a Ofelia, al suo mondo interiore fatto di delicatezza, d’amore fanciullesco, di biancore, di ingenuità e follia, Ofelia vive nascosta tra le pagine, dietro lo sguardo di Amleto, subendo un destino subalterno e certamente non voluto. Per Amleto il mondo non sembra più essere un luogo di coerenza ma anzi un insieme di gesti e parole sparse, svuotate del loro senso più profondo. Nello spettacolo il principe danese parla attraverso gli occhi di Ofelia chiedendosi se esista ancora un centro, un modello del mondo al quale far riferimento, un’amore, una verità in cui credere: è dunque nella zona di incertezza e sospensione di Amleto che Ofelia prende vita, forma e sostanza portando in primo piano la sua storia, entrando nelle pieghe dei suoi sentimenti che diventano canto, gesto, parola. Ofelia è la creatura senza macchia che crede ciecamente all’amore di Amleto e, senza esitazione, gli vola incontro come una bambina ingenua, ignara del suo destino, per poi toccare la realtà nella sua crudele evidenza, la stessa realtà che spesso ci lascia senza spiegazioni, senza risposte. Ofelia, illusa e delusa, sedotta e abbandonata, amata forse, respinta senza ragione si guarda per un attimo dentro, cercando di mettere ordine tra i suoi pensieri, entra nelle vesti di Amleto, Gertrude e Polonio, ricreandone le rispettive relazioni con l’altro, recupera il ricordo tra lei e il suo Amleto attraverso le parole e i gesti che la terranno per sempre legata a un amore così necessario e terribile. Ofelia ricorda, ascolta, rifiuta, dimentica, trattiene e infine torna indietro nella sua memoria, torna all’origine e, finalmente pacificata, ritorna alla sua ‘mamma acqua’.

SCHEDA ARTISTICA

SCHEDA TECNICA

RASSEGNA STAMPA

VIDEO PROMO

PHOTOGALLERY

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