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DALL'ALTRA PARTE

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Sempre insieme. Nel buio, nell’attesa, nel rumore, nei non so, nella paura, nella speranza, nella buona e nella cattiva sorte. Sempre insieme, te lo giuro. Giuro su questa tazzina, su questo tozzo di pane e questo poco d’acqua, che non permetterò al tempo di separarci. Giuro sulla mia pelle, sulle mie mani e le mie labbra. Sempre insieme, ovunque saremo. Da questa o dall’altra parte. E allora tu mi dici…invecchieremo insieme. E io ti dico...ringiovaniremo insieme. Sulla mia pelle, sulle mie mani e le mie labbra. E su ogni altra cosa, io giuro. (Materiali di scrittura di scena | S. Battaglio)

 

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Ideazione, scrittura e regia Silvia Battaglio

Creazione liberamente ispirata a Dall'altra parte (Ariel Dorfman)

Interpretazione Silvia Battaglio e Amina Amici

Disegno sonoro e materiali di scena Silvia Battaglio

Con la complicità di Valeria Sacco

Disegno luci Tommaso Contu

Spettacolo vincitore 'PREMIO DRAMMATURGIA CONTEMPORANEA E TEATRO DI FIGURA - FONDAZIONE SARZI'

Coproduzione Fondazione Famiglia Sarzi in partenariato con Fondazione I TEATRI di Reggio Emilia, ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione, DRAMMA.IT, Teatro Akropolis, UNIMA Italia

Con il supporto di Teatro Akropolis / Teatro Area Nord nell'ambito del Progetto CURA

In collaborazione con TAD Residency / Contemporary Locus, TTB Teatro tascabile di Bergamo, FDE Festival Danza Estate

Con il sostegno di TAP Torino Arti Performative, Regione Piemonte, MIC Ministero della Cultura

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Una delle esperienze teatrali più semplici, intense, e significative di questi ultimi anni. Lo spettacolo di Silvia Battaglio è quanto di meglio, dal punto di vista sperimentale e figurativo, ci sia oggi in Italia non solo per l’attraversamento di vari linguaggi espressivi, ma per il superamento degli stessi in un’idea di teatro che ce li restituisce, come appena sfiorati, in un unico movimento, voce, azione o gesto che sia. Ci vuole molto lavoro fisico e grande sensibilità d’artista teatrale e visivo, in possesso di una chiara visione pittorica, per trasformare la tragedia delle guerre infinite in qualcosa di intimo, quasi privato che, a contatto con quei due corpi che si muovono, si cercano e s’inseguono in scena, diventa subito simbolico, universale. Truccate come in un teatro di figura, che ci ha ricordato La classe morta di Kantor, e grazie a una metafisica dello spazio scenico che rimanda direttamente a Beckett, Silvia Battaglio e Amina Amici hanno dato vita a una vera opera d’arte teatrale il cui svolgimento ha coinvolto un pubblico commosso e incantato dalla loro bravura e dal loro rigore esecutivo. (Giuseppe Liotta | HYSTRIO)

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È uno spettacolo di rara finezza e di emozionante minimalismo. Quest'ultimo può essere un ossimoro, ma Silvia Battaglio riesce a realizzarlo, con una recitazione impeccabile e creando una plastica fluida e perfettamente integrata nell'ambiente scenico e persino fonico. Da non perdere. (Franco Perrelli | UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI)

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Dall’altra parte si conferma un’opera di grande valore artistico, capace di coniugare teatro, danza e figura in un linguaggio contemporaneo e innovativo. (Alan Mauro Vai | TEATRIONLINE)

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Un teatro con pochissime parole, molti gesti, e non poca poesia derivante da un approccio “fisico” alla scena che richiede all’interprete una totale messa in gioco. L’applaudito Dall’altra parte è drammaturgia del corpo nuda e cruda, insieme di linguaggi sapientemente mescolati per un viaggio nella nostra contemporaneità, in un presente segnato dalla debolezza di sistemi politico-sociali con il conseguente riaffermarsi del dibattito intorno a concetti universali come muri e barriere, pace e guerra. (Roberto Canavesi | SIPARIO)

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Lo spettacolo riesce a intensamente valorizzare sulla scena un testo aspro e profondo come quello di Ariel Dorfman potendo così leggere la più tragica attualità (i confini e la guerra) dentro valori universali e affettivamente condivisi, e con questo mettendola a disposizione dello sguardo di tutti, oltre le generazioni e le età anagrafiche. Tutto ciò grazie ad un uso creativo della maschera, degli oggetti e della musica di scena trasfigurati in segni fortemente simbolici della narrazione, cui il corpo con i suoi movimenti dona significante matericità, e con un utilizzo rinnovato della metafora drammaturgica. (Maria Dolores Pesce | DRAMMA.IT)

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​Nella nuova creazione di Silvia Battaglio, la qualità marionettistica del vocabolario del movimento ha un effetto fenomenologico molto potente e aggiunge differenti livelli di significato: la metafora figurativa è ricca e articolata. Queste "marionette" oscillano tra la connessione con la quotidianità del corpo e l'assurdità dei poteri, non si tratta di una danza con le maschere ma di una danza coreografata in modo congiunto con gli oggetti. E’ sorprendente che in uno spettacolo così minimale, gli oggetti riescano a diventare ‘corpi’ pieni di storia. (Felice Amato | BOSTON UNIVERSITY COLLEGE OF FINE ARTS)

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DALL'ALTRA PARTE, in prima nazionale nel novembre 2023 all'interno del Festival Aperto - Fondazione I Teatri di reggio Emilia, ottiene nel dicembre 2022 il riconoscimento del 'PREMIO DRAMMATURGIA CONTEMPORANEA E TEATRO DI FIGURA' risultando inoltre tra gli spettacoli vincitori del Bando Cura 2023 - Residenze artistiche interregionali e del progetto di residenza artistica TAD RESIDENCY 2023Lo spettacolo si inserisce all’interno di un percorso artistico interdisciplinare costruito nel solco della scrittura di scena, della ricerca drammaturgica, della commistione tra la danza e il teatro, che negli ultimi anni si è aperto anche all’esplorazione del teatro di figura. Nella consapevolezza che vi siano tematiche particolarmente urgenti che è compito del teatro percorrere nel tentativo di aprire una riflessione sul presente, DALL'ALTRA PARTE, liberamente ispirato all'opera teatrale di Ariel Dorfman, è frutto della volontà di affrontare il delicato e quanto mai attuale tema della guerra e del senso di smarrimento dell’uomo contemporaneo, nel tentativo di esplorarlo mediante un testo di nuova drammaturgia che ben si presta alla commistione di linguaggi. Lo spettacolo è profondamente radicato alla nostra contemporaneità e da essa trae il suo senso, a fronte di un periodo storico che vede accrescere la fragilità dei sistemi politico-sociali e che mette continuamente in discussione valori universali che dovrebbero essere ormai acquisiti, come quello della pace e dell’abolizione dei confini. Una casa separata da un confine, che l’uomo ha deciso a seguito di un temporaneo armistizio, diventa metafora dell’attesa, di un’esistenza sospesa, in bilico tra realtà e illusione, in cui si possono scorgere i resti di qualche vecchio elemento d’arredo, mentre tutto intorno risuonano le voci, i boati, le sirene di un campo di battaglia. Atom e Levana, superstiti di uno scenario quasi apocalittico, sono due tragicomici sposini, impolverati e sbilenchi, riaffiorati dalla ‘porta del tempo’ di un vecchio film muto, riemersi da una valigia piena di ricordi, per raccontarci la storia di un figlio smarrito tra i boati di una guerra di cui non ricordano il nome. Perennemente alla ricerca di un modo per colmare l’assenza dell’amato figlio, Atom e Levana trascorrono il tempo dentro la loro piccola casa rotta, ammaccata e consumata, in attesa che il figlio torni a illuminare di speranza il presente. C’è una guerra dunque, da qualche parte nel mondo, che alimenta una dimensione di costante smarrimento, in cui Atom e Levana sono condotti a vivere una routine scandita dalla monotonia di azioni ripetitive e meccaniche, incarnando di fatto una condizione del tutto umana e attuale. Sebbene indotti a trascorrere la loro quotidianità nella più totale incertezza, Atom e Levana sono mossi dal perpetuo desiderio di ricongiungersi al figlio, di arrivare dall’altra parte, di ricostruire quell’idea di unità familiare che permetta loro di sentirsi nuovamente insieme e in pace. Perennemente in bilico tra ciò che è stato e che non è più, l’esistenza precaria di Atom e Levana ha bisogno di essere reinventata con l’unico mezzo ancora possibile, l’immaginazione: ed è proprio attraverso la loro fulgida immaginazione che i due personaggi riescono a costruire una nuova esistenza, fantasticando le cose più strane e bizzarre, fino a immaginare che i loro abiti dismessi possano dar vita perfino al corpo del figlio lontano. L’idea registica, che sottende la costruzione dello spettacolo, individua idealmente la scansione temporale della pièce mediante una suddivisione in tre atti in movimento (Sempre insieme; Terra di confine; Figlio), all’interno dei quali, attraverso uno stratificato lavoro drammaturgico, scorrono gli snodi narrativi del racconto. Lo spettacolo, frutto di una commistione tra teatro, danza e teatro di figura, mira alla codificazione di un linguaggio ibrido in cui oggetto inanimato e corpo umano possono dialogare, creando molteplici articolazioni con lo spazio scenico ed evocando al contempo differenti piani di realtà, attraverso i quali veicolare le tematiche presenti nell’opera di Dorfman, al fine di suscitare una profonda riflessione sul presente, su noi stessi e sul nostro rapporto con il mondo attuale.

 

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