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METODO

"Non cerco di scoprire qualcosa di nuovo, ma qualcosa di dimenticato. Una cosa talmente vecchia che tutte le distinzioni tra generi artistici non sono più valide". (Jerzy Grotowski | IL PERFORMER)

Il lavoro di creazione nasce contestualmente a una ricerca che percorre da sempre un approccio transdisciplinare orientato alla sperimentazione e alla fusione dei linguaggi, aperto all’intreccio tra il teatro fisico, la danza e il teatro di figura, il canto, nella codificazione di una forma espressiva ibrida. Attraverso la rivisitazione delle grandi opere teatrali appartenenti al repertorio classico e contemporaneo, il lavoro di scrittura è scavato nel solco di una ricerca che affonda le sue radici nella consapevolezza di quanto l'immenso lavoro di artisti, del calibro i Jerzy Grotowski, Tadeusz Kantor, Peter Brook, Pina Bausch, abbia saputo influire sul panorama culturale mondiale, lasciandoci in dote un'immensa eredità.

Esiste, nella mia personale esperienza, un legame indissolubile con il processo di creazione che accompagna la nascita di uno spettacolo, si tratta di una forma di rapporto liquido attraverso il quale l'urgenza creativa diventa quotidiana scoperta e costante ridefinizione, permettendomi l’apertura al vasto mondo dell’immaginazione che mi invita, ogni volta, a esplorare un nuovo viaggio dentro un viaggio infinito. Esiste, allo stesso modo, un legame indissolubile tra il processo creativo e l’esperienza della vita nel suo manifestarsi: le persone, gli incontri, l’ambiente, l’avvicendarsi delle stagioni, le illusioni, gli eventi, perfino i sogni, in qualche modo, entrano nel processo di creazione, definendone contenuti, forma, direzioni e temperatura.  

 

All'inizio di ogni nuova creazione attraverso sempre un intenso periodo “preparatorio” di studio, dedito alla lettura, alla scrittura e alla raccolta trasversale dei materiali necessari (fonti letterarie, opere musicali, materiali fotografici, oggetti di scena, opere cinematografiche e teatrali), ovvero tutto ciò che in qualche misura è connesso all’argomento che desidero portare in scena: questa è una fase meravigliosa e fondamentale, perché alimenta la spinta propulsiva dell’immaginazione e concorre a definire il “corpo”, gli strati invisibili, ma essenziali, che andranno a sostegno dello spettacolo, ovvero del visibile.

 

Alla  prima  fase  di  raccolta  e studio  dei materiali,  succede la  fase  dedicata  alla sperimentazione, durante la quale - attraverso gli snodi drammaturgici che via via andranno definendosi - inizio a lavorare per stratificazione e accumulo di possibili scene teatrali, all’interno delle quali danza e teatro, di pari passo, andranno miscelando il loro linguaggio, verso una forma il più possibile organica. Nel corso di questa fase, molti dei materiali di scena creati saranno successivamente eliminati, per lasciare spazio soltanto a ciò che davvero sarà funzionale allo spettacolo, che comunque conserverà - negli strati più profondi – le tracce di quei materiali precedentemente realizzati, fondamentali per definire la natura del lavoro, una sorta di muscolatura profonda, di memoria, che non si vede ma c’è e che andrà a sostegno della terza fase, quella dedicata alla composizione, durante la quale - una volta selezionati i materiali - andrà definendosi la drammaturgia, il corpo e la struttura ritmica del lavoro, fino ad arrivare alla vera e propria nascita dello spettacolo nell'incontro con il pubblico.

 

Nell'aprirsi al pubblico, la creazione dialoga attraverso il suo corpo drammaturgico, il cui 'invisibile equilibrio' tra gli elementi aspira a far parte di quell'irrinunciabile atto collettivo che fa del teatro lo spazio intimo, materico e metafisico in cui poterci aprire all’immaginazione, ritrovando al contempo tracce di noi stessi e delle nostre comuni esistenze.

 

 

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